Ferrovie dello Stato: una tantum a giugno



Spetta, con la retribuzione del mese di giugno, un importo una tantum  per i dipendenti delle attività ferroviarie


Ai lavoratori in forza nelle aziende che applicano il CCNL della Mobilità/Area contrattuale Attività Ferroviarie al 22/3/2022, ad integrale copertura del periodo 1° gennaio 2021 – 30 aprile 2022 viene riconosciuto un importo lordo omnicomprensivo pro-capite una tantum nelle misure di seguito indicate:
Dette somme saranno corrisposte in un’unica soluzione con la retribuzione del mese dì giugno 2022, in proporzione ai mesi di servizio prestati nel periodo di riferimento, arrotondando a mese intero la frazione di mese superiore a 15 giorni.
Per i lavoratori occupati negli appalti/subappalti, le modalità (eventuale rateizzazione e relative tempistiche) per la corresponsione dei suddetti importi potranno essere definite con accordo a livello aziendale da raggiungere entro giugno 2022.



















































Livello/Parametro

Importo Una tantum

Q1 670,54
Q2 589,15
A 569,77
B1 542,64
B2 519,38
B3 511,63
C1 500,00
C2 492,25
D1 484,50
D2 468,99
D3 461,24
E1 453,49
E2 434,11
E3 426,36
F1 395,35
F2 387,60

Escluso l’IRPEF per il lavoratore residente in Svizzera


9 giu 2022 Non è tenuto al pagamento dell’IRPEF il contribuente residente in Svizzera che presti la propria attività lavorativa in Italia (Corte di Cassazione, Ordinanza 06 giugno 2022, n. 18009).


La vicenda


Con avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate sottoponeva a tassazione i redditi da lavoro corrisposti ad un lavoratore da società italiana e quelli assimilati a redditi da lavoro dipendente corrisposti dall’INPS, sul presupposto che questi, cittadino italiano, residente in Svizzera ed iscritto all’AIRE, avesse domicilio fiscale in Italia.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso del contribuente e la Commissione tributaria regionale rigettava l’appello dell’Agenzia.
In particolare, la C.T.R. richiamava la norma convenzionale OCSE, secondo la quale, in caso di conflitto tra Stati circa la residenza fiscale di una persona fisica, il potere impositivo spetti preliminarmente allo Stato ove il soggetto abbia un’abitazione permanente, in subordine a quello in cui abbia il proprio centro di interessi vitali, e ancora in subordine a quello in cui esso abbia una dimora abituale; evidenziava poi che nel caso in argomento il lavoratore aveva dimostrato di essere effettivamente residente in Svizzera, di essere iscritto all’AIRE, unitamente a moglie e figlio, di essere titolare del mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione in Svizzera, di essere titolare di più utenze domestiche, che il figlio frequentava l’Università di Zurigo e la moglie lavorava in una scuola di Lugano; riteneva infine irrilevante, a fronte di tali elementi, che egli lavorasse presso una società con sede in Italia, avendo lo stesso dimostrato di recarsi quotidianamente al lavoro dalla propria abitazione in Svizzera, vista la breve distanza.
Avverso la sentenza della C.T.R. ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate.


La pronuncia della Corte


La Cassazione ha rigettato il ricorso, rilevando che nel caso di specie la Commissione tributaria aveva correttamente ritenuto che il lavoratore avesse adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico.
La stessa, difatti, dopo aver richiamato la circolare 140E del 1999 dell’Agenzia delle entrate, che indica gli elementi in base ai quali la parte possa dimostrare l’effettività della residenza nello Stato estero a fiscalità privilegiata, aveva ritenuto non fittizio il trasferimento della residenza all’estero del contribuente in questione.


La Corte ha, inoltre, rammentato che soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato e che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza.
Atteso che nel caso di specie il lavoratore era residente in Svizzera ed iscritto all’A.I.R.E., il criterio di attribuzione della residenza fiscale in Italia invocato dall’ufficio tributario italiano era, dunque, rappresentato dal domicilio.
Secondo costante giurisprudenza, tuttavia, quest’ultimo deve essere inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi; in concreto, dunque, il domicilio va valutato in relazione al luogo in cui la persona intrattiene sia i rapporti personali che quelli economici.
Tanto premesso, nel caso di specie, la C.T.R., giungendo a conclusioni pienamente condivise dal Collegio, aveva negato che potesse attribuirsi al lavoratore un domicilio in Italia, adeguatamente valutando i vari elementi dedotti e provati dal lavoratore ai fini della residenza, attinenti alla sfera personale e familiare, evidenziando, in base ad essi, che da molti anni lo stesso contribuente aveva stabilito il proprio centro di interessi vitali in Svizzera, assieme al proprio nucleo familiare, e che non vi fossero altri elementi gravi, precisi e concordanti di segno contrario, restando del tutto irrilevante la vicinanza tra luogo di residenza e sede di lavoro dello stesso contribuente.

Bonus produzione videogiochi: in arrivo il codice tributo


Istituito i codice tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, del credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 08 giugno 2022, n. 26/E)

Il credito d’imposta a favore delle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva è stato previsto in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 40 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive. (art. 15, legge 14 novembre 2016, n. 220).
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
La Direzione generale Cinema e audiovisivo del Ministero della cultura comunica telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro il giorno 5 di ciascun mese, i dati dei soggetti ai quali, nel mese precedente, è stato riconosciuto il credito d’imposta con i relativi importi, nonché le eventuali variazioni, revoche e cessioni intervenute o accettate in detto mese.
Ciascun beneficiario può visualizzare l’ammontare dell’agevolazione fruibile in compensazione tramite il proprio cassetto fiscale, accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
Per consentire l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del suddetto credito d’imposta, è istituito il seguente codice tributo:
– “6977” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi – art. 15 della legge 14 novembre 2016, n. 220”.


Minimale contributivo per le cooperative che deliberano un piano di crisi aziendale


L’Inps fornisce alcune precisazioni sulla corretta individuazione dell’obbligo contributivo in capo alle società cooperative nell’ipotesi di deliberazione di un piano di crisi aziendale.


Il regolamento interno delle società cooperative deve, in ogni caso, contenere l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali e la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi, con il divieto, per l’intera durata del piano, di distribuire eventuali utili, nonché la possibilità di prevedere “forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie”, fatto salvo “il rispetto del solo trattamento economico minimo”.
Relativamente agli aspetti di carattere previdenziale, ai fini della contribuzione previdenziale ed assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative.
Le disposizioni secondo cui, il regolamento della cooperativa deve prevedere, in ogni caso, la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti retributivi, produce effetti anche sulla determinazione e quantificazione del minimale contributivo.
La disciplina sui minimali contributivi è contenuta nell’articolo 1, comma 1, del DL 9 ottobre 1989, n. 338, secondo cui “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.
Per il periodo di durata del piano di crisi, opera il minimale di retribuzione giornaliera.
Infatti, nel caso di specie, è la legge, ovvero il combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6, che introduce in via sistematica una specifica ipotesi di “deroga” alla disciplina del minimale contributivo.
Le “crisi” cui fanno riferimento le disposizioni in parola si caratterizzano per la particolare gravità e straordinarietà che potrebbero compromettere la continuità aziendale.
Inoltre, al fine di evitare possibili abusi a danno dei soci lavoratori, la deliberazione del “piano di crisi aziendale” deve contenere elementi adeguati e sufficienti tali da esplicitare: l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge; la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi; uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori degli interventi in esame.
Le misure indicate possono concorrere con le forme di sostegno al reddito e dell’occupazione alle quali la cooperativa abbia accesso a norma di legge, avendo cura che i predetti strumenti siano opportunamente coordinati allo scopo di ottenere dai soci apporti sostanzialmente equilibrati.
Tanto premesso, esclusivamente per il periodo di durata del piano di crisi aziendale deliberato, è consentito il superamento della generale disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989. Pertanto, limitatamente al periodo di durata del piano di crisi aziendale, l’obbligazione contributiva deve essere quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori, nel rispetto tuttavia del minimale contributivo giornaliero (Messaggio Inps 8 giugno 2022, n. 2350).

Provvedimento di sospensione dell’attività con effetto posticipato


L’Ispettorato Nazionale del Lavoro precisa che con la nuova disciplina del provvedimento di sospensione dell’attività, gli ispettori possono posticiparne gli effetti nei casi in cui l’interruzione della stessa potrebbe comportare gravi conseguenze ai beni ed alla produzione o compromettere il regolare funzionamento di un servizio pubblico. (Nota 07 giugno 2022, n. 1159).

A seguito dell’introduzione del “nuovo” provvedimento di sospensione, a differenza della previgente disciplina, non è più contemplata la discrezionalità in capo al personale ispettivo, fatta salva la possibilità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo, a meno che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.
Tuttavia, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha chiarito che resta ferma la necessità di valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di non adottare il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.
Tali circostanze sono anzitutto legate ad esigenze di salute e sicurezza sul lavoro. In altre parole, laddove la sospensione dell’attività possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non emanare alcun provvedimento.
In tal senso, dunque, l’Ispettorato ha fornito indicazioni al personale ispettivo di non adottare il provvedimento di sospensione quando l’interruzione dell’attività svolta dall’impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l’incolumità dei lavoratori della stessa o delle altre imprese che operano nel cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di una falda d’acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiali nocivi).
La mancata adozione del provvedimento di sospensione costituisce, pertanto, un’extrema ratio rispetto alla fisiologica applicazione della normativa, determinata dal rischio che dall’adozione del provvedimento possano derivare situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.


Tale valutazione va effettuata in rapporto alla fattispecie concreta da parte del personale ispettivo, effettuando un bilanciamento degli interessi coinvolti nel caso di specie e la decisione della mancata adozione va accuratamente motivata, indicando già nel verbale di primo accesso i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione.


A tal fine, può ritenersi un grave rischio per la pubblica incolumità la sospensione di un servizio pubblico che, in assenza di valide alternative che possano garantire l’esercizio di diritti spesso di rango costituzionale, va dunque salvaguardato (ad es. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica ecc.).
Analogamente è possibile che dalla sospensione dell’attività di allevamento di animali derivi un grave rischio per la pubblica incolumità, stanti peraltro le conseguenze di natura igienico sanitaria legate al mancato accudimento.
In tutte le ipotesi in cui non ricorrano i presupposti per una mancata adozione del provvedimento di sospensione, gli ispettori possono valutare il posticipo degli effetti della sospensione in un momento successivo a quello dell’adozione del provvedimento, qualora valutino che dallo stesso possano comunque derivare significativi danni per ragioni tecniche, sanitarie o produttive (ad esempio, per l’interruzione di cicli produttivi avviati o danni agli impianti per l’improvvisa interruzione, raccolta dei frutti maturi, vendemmia in corso, ecc.). Ciò a condizione che dal posticipo non derivino rischi per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.
Laddove, medio tempore, stante il posticipo degli effetti del provvedimento di sospensione, l’azienda provveda a regolarizzare le violazioni riscontrate, il provvedimento può comunque essere revocato.


L’Ispettorato ha infine precisato che in ogni caso la continuazione dell’attività per mancata adozione del provvedimento o per posticipazione dei suoi effetti deve comunque avvenire nel rispetto di ogni condizione di legalità e di sicurezza, pertanto sarà ad esempio impedito ai lavoratori cd. “in nero” di continuare a svolgere la propria attività sino ad una completa regolarizzazione e la possibilità di “imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro”.

Attribuzione del codice fiscale ai minori stranieri non regolari e non accompagnati


I minori stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono iscritti al Servizio Sanitario Nazionale ed usufruiscano dell’assistenza sanitaria in condizione di parità con i cittadini italiani. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 07 giugno 2022, n. 25/E)

L’iscrizione è obbligatoria e gratuita al Servizio Sanitario Nazionale dei minori stranieri non accompagnati, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, a seguito delle segnalazioni di legge dopo il loro ritrovamento nel territorio nazionale.
Sulla base di tali disposizioni normative a tutela dei minori stranieri, in ragione della loro condizione di maggiore vulnerabilità, e considerato che, allo stato attuale, il codice fiscale è il codice identificativo ritenuto indispensabile per l’iscrizione al SSN a cura delle strutture ASL, si rende necessaria l’attribuzione del codice fiscale a tale tipologia di minori stranieri, ancorché privi di un regolare permesso di soggiorno.
Al fine di uniformare il comportamento degli Uffici dell’Agenzia delle entrate su tutto il territorio nazionale, si forniscono, pertanto, le seguenti indicazioni operative qualora al minore non sia stato già attribuito un codice fiscale.
Le richieste di attribuzione del codice fiscale relative ai minori stranieri devono essere presentate agli uffici dell’Agenzia delle entrate dalla struttura ASL tenuta all’iscrizione al SSN dei soggetti stranieri in oggetto. La ASL richiede il codice fiscale in qualità di soggetto terzo obbligato all’indicazione del codice fiscale di altri soggetti.
Le sopraindicate richieste devono essere presentate dalla struttura ASL competente tramite il modello anagrafico AA4/8 – Domanda di attribuzione codice fiscale, comunicazione variazione dati e richiesta tesserino/duplicato tessera sanitaria (persone fisiche) come richiesta per soggetto terzo, indicando come tipologia richiedente il codice 17 – Soggetti tenuti agli obblighi di indicazione del codice fiscale di soggetto terzo, come ad esempio enti previdenziali, banche, associazioni sportive, ecc. ovvero, se relative a più minori, tramite un’unica istanza contenente tutte le informazioni previste dal suddetto modello per ogni minore. Deve essere allegata, inoltre, una dichiarazione della struttura ASL richiedente che attesti la motivazione della richiesta del codice fiscale e la corrispondenza dei dati indicati nella stessa con quelli desunti dagli atti in base ai quali effettua l’iscrizione al SSN.
L’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che riceve la domanda deve acquisire agli atti l’eventuale documentazione prodotta dalla struttura ASL ed effettuare preventivamente la ricerca del soggetto negli archivi dell’Anagrafe Tributaria, anche per dati anagrafici parziali; ciò al fine di verificare che questi non sia già titolare di un codice fiscale, registrato sulla base di dati anagrafici difformi da quelli dichiarati dalla struttura ASL.
Una volta generato il codice fiscale, l’Ufficio lo comunica all’ASL richiedente: sarà cura di tale struttura comunicare il codice fiscale a chi ne ha la responsabilità genitoriale o al responsabile della struttura di prima accoglienza.
Le strutture ASL interessate potranno stipulare con le rispettive Direzioni Regionali dell’Agenzia delle Entrate appositi protocolli d’intesa volti a concordare modalità operative efficaci ed agevoli per lo scambio delle suddette informazioni.

IRAP: l’assenza dell’autonoma organizzazione va provata


Qualora il professionista affidi a terzi in modo occasione le incombenze tipiche dell’attività professionale, è tenuto a provare l’insussistenza dell’autonoma organizzazione quale presupposto impositivo dell’Irap (Corte di cassazione – – ordinanza 20 maggio 2022, n. 16391).

Secondo i giudici della Corte, in tema di IRAP, l’impiego non occasionale di lavoro altrui, quale elemento significativo dell’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce, a sua volta, presupposto dell’imposta, può essere desunto dai compensi corrisposti a terzi, purché correlati allo svolgimento di prestazioni non occasionali, afferenti all’esercizio dell’attività del soggetto passivo.
Sempre in tema di IRAP, il promotore finanziario è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.
Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
– sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
– impieghi beni strumentali eccedenti, secondo “l’id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.


Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni.
Pertanto, nel giudizio d’impugnazione della cartella di pagamento emessa dall’Amministrazione finanziaria per omesso versamento dell’imposta nella misura indicata nella dichiarazione dei redditi, spetta al contribuente che ritratti la propria dichiarazione provare il fatto impedivo dell’obbligazione tributaria (asserita mancanza dell’autonoma organizzazione), determinandosi, altrimenti, un’irrazionale disparità di trattamento tra coloro che chiedono il rimborso di un’imposta versata e non dovuta, onerati di fornire la prova del diritto alla restituzione, e coloro che, dopo essersi dichiarati soggetti ad imposizione ed averne indicato l’ammontare in dichiarazione, ne omettono, in tutto o in parte, il versamento.


Decadenza incentivi per la valorizzazione edilizia


L’Agenzia delle entrate, con la risposta del 6 giugno 2022, n. 324, ha fornito precisazioni sulla decadenza degli incentivi per la valorizzazione edilizia, di cui all’articolo 7 del DL n. 34 del 2019.

Nel caso di specie, la società istante fa presente di aver acquistato, in data 4 marzo 2020, un immobile fruendo delle agevolazioni fiscali recate dall’articolo 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, ossia dell’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna.
In sintesi, la norma in esame, che ha trovato applicazione sino al 31 dicembre 2021, ha previsto un’agevolazione per i trasferimenti di interi fabbricati, a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare, che, entro i successivi dieci anni, provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi o eseguano, sui medesimi fabbricati determinati interventi edilizi (in entrambi i casi conformemente alla normativa antisismica e con il conseguimento della classe energetica “NZEB, A o B”), e poi procedano alla successiva alienazione.
Al riguardo, l’istante rappresenta che è ” in corso di vendita l’immobile senza appunto aver eseguito la trasformazione della classe energetica come previsto nel decreto sopracitato”.
Tale circostanza (vendita in assenza della valorizzazione) comporta, la decadenza dal regime agevolativo in parola, con applicazione dell’imposta di registro in misura ordinaria; la stessa, quindi, chiede di conoscere se sia possibile procedere al pagamento dell’imposta a seguito di autodenuncia resa all’Amministrazione finanziaria, senza applicazione di sanzione ovvero con applicazione della sanzione riducibile tramite l’istituto del ravvedimento operoso.
Con riferimento alla fattispecie rappresentata, l’Agenzia delle entrate osserva che la vendita dell’intero immobile, acquistato fruendo della predetta agevolazione fiscale, prima del decorso del termine di dieci anni previsto dall’articolo 7 del citato decreto legge n. 34 del 2019 senza che sia stata effettuata l’attività di valorizzazione descritta, impedisce il rispetto delle predette condizioni e, di conseguenza, integra una ipotesi di decadenza dall’agevolazione medesima, con applicazione delle ” imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sanzione pari al 30 per cento delle stesse imposte.”.


Infortunio sul lavoro: quando ne risponde il committente

8 giu 2022 Risponde del reato di omicidio colposo la committente che non abbia nominato il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione delle opere, causando, con la propria condotta omissiva, l’infortunio mortale del lavoratore (Corte di Cassazione, Sentenza 31 maggio 2022, n. 21072).


La vicenda


Un lavoratore, dipendente di una ditta di costruzioni, mentre stava trasportando all’interno di un cantiere materiali di risulta con una carriola, scivolava all’interno di una buca non protetta da recinzioni o da altre opere, che era stata realizzata per porre le fondazioni di un’immobile da erigersi, e finiva infilzato in un ferro in attesa che fuoriusciva da una trave in cemento, ferro non protetto dai prescritti capelletti di protezione.
Le gravissime lesioni interne riportate dal lavoratore ne determinavano la morte.


Venivano riconosciuti responsabili di omicidio colposo all’esito del giudizio di primo grado, con condotte colpose tra loro indipendenti, la proprietaria del terreno e committente dei lavori per la realizzazione dell’immobile; il titolare della ditta esecutrice dei lavori ed il direttore dei lavori.
La sentenza di primo grado veniva integralmente confermata in appello.
In particolare, veniva riconosciuta la corresponsabilità per il reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, della committente, titolare del permesso di costruire, per non avere nominato un responsabile per la sicurezza, per non avere predisposto il piano operativo per la sicurezza (p.o.s.) e per non avere nominato il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione delle opere, figura necessaria e da nominarsi o da parte dalla committente oppure da parte dell’ impresa esecutrice.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la committente.


La sentenza della Cassazione


La Corte ha rigettato il ricorso, facendo proprie le conclusioni dei giudici di merito, secondo cui la committente aveva l’obbligo di nominare il coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori; pertanto, non avendovi ella provveduto, doveva ritenersi sussistente la responsabilità della stessa per l’evento verificatosi.
Una volta nominato, il coordinatore avrebbe, difatti, operato affinchè il cantiere fosse allestito in modo diverso, rispettoso delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ed, in tal modo, si sarebbe potuto evitare l’infortunio mortale del lavoratore.
Come chiarito dalla Corte, dunque, doveva ritenersi, nel caso di specie, accertata la sussistenza del nesso causale tra la condotta colposa omissiva della committente e l’evento mortale.
I giudici hanno, altresì, rilevato l’insostenibilità della tesi difensiva dell’estraneità della stessa committente rispetto ai fatti, in quanto non dotata della preparazione tecnica necessaria, tanto da non essersi mai recata sul cantiere, ovvero di avere delegato i suoi compiti al direttore dei lavori, il quale, tuttavia, svolge un’attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all’esecuzione del progetto nell’interesse del committente ed è figura ben diversa da quella del coordinatore per la progettazione e l’esecuzione delle opere, la cui nomina, nel caso in argomento, era necessaria da parte della committente.
La sentenza impugnata è stata, pertanto, giudicata coerente con consolidati principi puntualizzati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rischio derivante dalla conformazione dell’ambiente di lavoro grava sul committente e non è riconducibile alla natura specialistica dei lavori commissionati all’impresa appaltatrice.

Notifica degli atti della pubblica amministrazione: funzionamento della piattaforma digitale


Pubblicato, in gazzetta ufficiale, il DPCM che disciplina le modalità di funzionamento della piattaforma digitale per la notifica degli atti della PA.


Il gestore della piattaforma, prima della sua messa in funzione, verifica il corretto funzionamento tramite lo svolgimento di test sperimentali. Il piano dei test copre la totalità dei casi d’uso e delle funzionalità assegnate alla piattaforma dal decreto-legge e dal presente decreto attuativo. L’operatività della piattaforma è monitorata da metriche di successo e fallimento delle operazioni eseguite, individuate nel manuale operativo pubblicato sul sito web del gestore della piattaforma e redatto dallo stesso gestore, d’intesa con il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata.
Il malfunzionamento della piattaforma viene segnalato sul sito istituzionale della stessa piattaforma, nonché mediante comunicazione ai sistemi informatici dei mittenti. Con le stesse modalità il gestore della piattaforma comunica il ripristino della funzionalità della stessa piattaforma.
Le persone giuridiche accedono alla piattaforma a mezzo SPID o CIE dei rispettivi legali rappresentanti, ovvero dei soggetti delegati. Il gestore della piattaforma verifica la qualità di legale rappresentante dell’utente, inibendo l’accesso in caso di riscontro negativo, mediante accesso al Registro delle Imprese gestito da InfoCamere ScpA, ovvero, nel caso di enti, associazioni e ogni altro soggetto pubblico o privato non tenuti all’iscrizione nel Registro delle Imprese, mediante accesso alle base dati dell’Agenzia dell’entrate in grado di restituire tale evidenza o mediante acquisizione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, attestante la qualità di legale rappresentante e sottoscritta con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata dallo stesso dichiarante.
I destinatari possono eleggere un domicilio digitale di piattaforma o più domicili digitali di piattaforma diversificati in relazione ai vari mittenti, con le modalità indicate nel manuale operativo. Al destinatario è consentito altresì di indicare un recapito digitale tra quelli supportati dalla piattaforma, dove ricevere gli avvisi di cortesia.
Il sistema verifica la correttezza di domicilio e recapito digitale attraverso la predisposizione di una funzionalità di conferma da parte del destinatario.
Il sistema consente al destinatario che accede alla piattaforma di reperire, consultare e acquisire i documenti informatici oggetto di notificazione. Per ciascuna notifica, la piattaforma consente di visualizzare: il mittente, la data e l’ora di messa a disposizione dell’atto sulla piattaforma, l’atto notificato, lo storico del processo di notifica, che include atti opponibili a terzi e avvisi di mancato recapito, e codice identificativo univoco della notifica (IUN).
Il destinatario può scaricare e inviare a terzi la copia del documento, tramite l’apposita funzionalità messa a disposizione dal gestore della piattaforma e quelle ulteriori eventualmente offerte dal sistema operativo sottostante.
Il gestore della piattaforma attesta la data e l’ora in cui il destinatario o il delegato accedono, tramite la piattaforma, all’atto oggetto di notificazione, mediante un sistema di marcatura temporale certificato validamente opponibile a terzi.
La delega conferita attraverso una specifica funzionalità della piattaforma contiene nome, cognome e codice fiscale del soggetto delegato, e può essere conferita per tutti o anche soltanto per alcuni specifici mittenti. La piattaforma elabora un codice di accettazione che il delegante comunica al delegato.
Il soggetto delegato, accedendo alla piattaforma, presa visione della proposta di delega, procede alla sua accettazione, inserendo sulla piattaforma il codice di accettazione fornitogli dal delegante.
La piattaforma consente al destinatario di revocare in ogni tempo la delega conferita, informando automaticamente il delegato. La piattaforma consente altresì al delegato di rinunciare in ogni tempo alla delega, informando automaticamente il delegante.
La piattaforma invia al destinatario, con periodicità mensile, un promemoria delle deleghe attive, e consente altresì allo stesso di monitorare in ogni tempo gli accessi operati per suo conto sulla piattaforma.
I mittenti rimangono responsabili del contenuto degli atti notificati tramite la piattaforma, nonché delle informazioni fornite al gestore della stessa.
Il gestore della piattaforma è responsabile del corretto funzionamento del servizio di notificazione tramite la piattaforma e delle attività direttamente effettuate, fatte salve le responsabilità dell’operatore postale ovvero del gestore del fornitore del servizio universale per le attività di rispettiva competenza.
Il gestore della piattaforma conserva i documenti per dieci anni dalla data del perfezionamento della notifica per il destinatario. Gli atti oggetto di notificazione restano invece disponibili sulla piattaforma per centoventi giorni successivi alla data di perfezionamento della notifica per il destinatario. Tale circostanza è espressamente indicata nell’avviso di avvenuta ricezione.